La fibromialgia è una sindrome caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso. Tra le categorie di farmaci utilizzati per il trattamento si annoverano miorilassanti, antidolorifici, antiepilettici e antidepressivi. Spesso il disturbo esordisce dopo un trauma fisico o psichico. Lo stress influenza negativamente il sistema immunitario e può favorire la comparsa della malattia. Anche se soggettivo, lo stato di sofferenza psicofisica cronica della fibromialgia influenza negativamente la qualità della vita, le prestazioni lavorative e l’umore. L’evidenza che l’esordio della malattia è spesso correlabile ad un evento di vita stressante, unitamente al risultato clinico positivo che farmaci antidepressivi hanno sui sintomi, ha indotto molti a pensare che la fibromialgia abbia una connotazione “psichiatrica”. Tuttavia le evidenze scientifiche dimostrano il razionale dell’impiego di questi farmaci che agiscono sul sistema serotoninergico e noradrenergico, sistemi neurotrasmettitoriali modulanti il dolore. I farmaci antidepressivi più utilizzati, infatti, appartengono alla classe degli SSRI (inibiscono la ricaptazione della serotonina aumentandone quindi la concentrazione) e SNRI (inibiscono sia la ricaptazione della serotonina che della noradrenalina). Inoltre nel paziente fibromialgico predomina la dimensione “affettiva” del dolore, che ne amplifica la spiacevolezza, rispetto ai soggetti non affetti dalla patologia in cui è spiccata la dimensione “sensitiva” vera e propria del dolore. Ciò rafforza l’idea dell’uso nella pratica clinica di farmaci antidepressivi che, regolarizzando i livelli dei neurotrasmettitori a livello cerebrale, migliorano sia l’umore che il dolore.
Ovviamente si tratta di farmaci da usare sotto stretto controllo specialistico e solo nei casi strettamente necessari.
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